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Fatih Mika  
 
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Elio Mercuri

 


 
 
 
Presentazione di "Ossi di Seppia", di Eugenio Montale
Collana iconografica poetica edita da Grafica d'Arte Lombardi
 
 
Nella poesia di Montale è anima lo smarrimento dell'uomo moderno; questa condizione di una vita che non trova supporto che nel suo dolente essere. È come una "catena"; un anello si è spezzato e ciondola, non si sa come, sospesa nel vuoto, divisa non si sa verso dove ne' donde proviene. Nell'atmosfera grigia noi, e tutto, non sostiene più la presenza dell'essere, perché perduto è il centro, perduto il fondamento. L'uomo "ermetico" segna in anticipo la condizione di vita del pensiero debole così come più tardi appare nella riflessione dei nostri giorni. Siamo "ossi di seppia", sperduti sull'onda in attesa che ci spinga a riva. Il nostro è il destino di "Buffalo", in una storia-viaggio che ci sospinge verso "Finisterre". O peggio, nel destino di chi comunque "resta a terra".
 
Fatih in modo mirabile nella magia delle sue incisioni, col segreto dell'alchimia dell'anima, ha reso visibile, quasi "tattile", questa condizione dell'uomo divenuta sentimento e idea dominante di Montale e orizzonte invalicabile della nostra malinconia. Ha saputo evocare il tono della malinconia del poeta, il grigiore di quelle nubi, il colore di quelle sabbie fino a rendere palpabile l'atmosfera di questo stato d'inquietudine, di ansia e talvolta segreta disperazione. Sempre, di estrema, incolmabile solitudine. Nella solitudine il destino di essere sbattuti, precari e fragili come un "osso di seppia", di essere cancellati, nel flusso delle onde, quasi ormai ombra di fossile nel calco della sabbia. A cominciare da noi nell'estenuazione di una vita che è consunzione dell'anima ed errore, questo andare senza saper dove, questo non sapere da dove e quando, non sappiamo da dove e verso dove noi sappiamo che è tempo di "terra desolata".
 
Fatih ritaglia sulla spiaggia, ferma sulla superficie dell'onda, nello specchio della spiaggia, nuvola, granello a granello di sabbia; torna a colmare la clessidra, e nell'oro d'un tramonto nell'oro che filtra tra il grigio di nebbia e sabbia ci lascia sognare la linea di un orizzonte e sotto le onde di superficie l'imperturbabile moto della grande marea. Ricompone il frammento in dimensioni di assoluto, presenza, segno di vita, luce che si rifrange e riconduce anche gli umili "ossi di seppia" al mistero dell'universo e alla dignità del sacro.
 
Elio Mercuri 1992 Roma
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